Vediamo quali sono i requisiti che occorrono per la nomina ad amministratore, le ipotesi nelle quali si ha conflitto di interessi e le azioni a disposizione del condomino, e tutti i casi di cessazione dell’incarico.
L’amministratore condominiale è il soggetto incaricato di provvedere alla gestione del condominio. L’incarico di amministratore è conferito dall’assemblea dei condomini o, se questa non provvede, è assegnato dall’autorità giudiziaria.
È obbligatorio nominare un amministratore di condominio quando i condomini sono più di otto.
L’assemblea stabilisce a chi assegnare l’incarico, o, se questa non provvede, la nomina può esser richiesta all’autorità giudiziaria da uno o più condomini o dal precedente amministratore.
Per essere nominati amministratori di condominio sono necessari i seguenti requisiti:
I condomini possono proporsi come amministratori del proprio condominio.
Il mandato dell’amministratore ha la durata di un anno e l’incarico è rinnovabile di anno in anno.
Al termine dell’incarico l’amministratore ha l’obbligo di restituire tutta la documentazione in suo possesso. Inoltre, fino a quando non sarà nominato il nuovo amministratore, dovrà provvedere a tutte le attività urgenti, per evitare che il condominio possa subire danni o pregiudizi.
Il conflitto di interessi si manifesta quando c’è una divergenza tra l’interesse del condominio e le contrarie ragioni personali di alcuni condomini, e il voto di quest’ultimi abbia determinato la maggioranza nell’assemblea.
Si verifica dunque tale ipotesi, ogni volta che un condomino ha un interesse proprio in conflitto, anche solo potenziale, con quelli del condominio e potrebbe quindi privilegiare il proprio interesse, a discapito della generalità dei condomini.
Prima della riforma del condominio del 2012, la delega del condomino all’amministratore ha rappresentato uno dei casi più frequenti di conflitto di interessi.
Per tale ragione, è stato introdotto il divieto di delegare l’amministratore ad esprimere la volontà del condomino in assemblea. In caso di inosservanza del divieto la deliberà dell’assemblea è annullabile.
La riforma non è riuscita, tuttavia, ad eliminare ogni ipotesi di conflitto di interessi.
Si può pensare ai casi di delega di un condomino conferita non direttamente all’amministratore ma ad un suo collaboratore, o, al caso in cui, l’amministratore sia egli stesso un condomino.
Ad esempio, nelle riunioni dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto consuntivo, risulta di dubbia validità la partecipazione dell’amministratore-condomino, in quanto il rendiconto è da lui redatto.
L’incarico dell’amministratore cessa alla scadenza del mandato oppure, prima di tale termine, può cessare per cause volontarie o per cause non volontarie.
L’amministratore termina per cause volontarie il suo incarico rassegnando le dimissioni.
Quando, invece, la cessazione dell’incarico è non volontaria, questa può avvenire per:
L’amministratore di condomino può rassegnare le proprie dimissioni e, quindi, rinunciare all’incarico prima della scadenza del termine.
Le dimissioni dell’amministratore condominiale possono essere rassegnate in qualsiasi momento ed hanno effetto dalla data in cui sono portate a conoscenza del condominio.
L’amministratore deve, quindi, inviare comunicazione delle dimissioni ai condomini e convocare un’assemblea, fissando all’ordine del giorno la cessazione del suo mandato e la nomina di un nuovo amministratore. Tuttavia, se la rinuncia all’incarico è improvvisa e avviene senza una giusta causa, e da questa derivano dei danni (da dimostrare in giudizio) al condominio, quest’ultimo potrà agire nei confronti dell’amministratore per chiedere il risarcimento dei danni subiti.
La nozione di giusta causa non è definita dal legislatore, ma è compito del giudice accertare, caso per caso, se le dimissioni dell’amministratore siano fondate o meno su una giusta causa.
Non bisogna dimenticare che, anche nel caso in cui ricorra una giusta causa per rassegnare le dimissioni, l’amministratore, nel rispetto del principio di buona fede e correttezza, sarà tenuto a gestire l’ordinaria amministrazione del condominio, fino alla nomina del un nuovo amministratore.
L’incarico di amministratore di condominio può esser revocato dall’assemblea dei condomini.
Capita infatti frequentemente che, uno o più condomini, siano insoddisfatti della gestione del condominio da parte dell’amministratore e, per tale motivo, decidano di non volere proseguire il rapporto di mandato, sino alla scadenza del termine inizialmente fissato con la delibera di nomina.
La revoca può intervenire in qualsiasi momento con delibera dell’assemblea: occorrono un quorum costitutivo e un quorum deliberativo:
La revoca dell’amministratore condominiale può avvenire anche in assenza di giusta causa, tuttavia, è bene precisare che, in tal caso, l’amministratore potrebbe agire nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni-
È inoltre previsto che il mandato dell’amministratore di condominio possa essere concluso prima della scadenza del termine con provvedimento dell’autorità giudiziaria. Si tratta di una ipotesi residuale e limitata alle situazioni di maggiore gravità. Le ipotesi di revoca giudiziaria sono:
Sono state individuate alcune ipotesi di “gravi irregolarità” che possono determinare la revoca giudiziaria. Si tratta, in ogni caso, di ipotesi esemplificative che, dunque, non escludono il verificarsi di ulteriori casi di gravi irregolarità.
Di seguito le ipotesi previste:
Nelle ipotesi di gravi irregolarità fiscali e di mancata apertura ed utilizzazione di un conto corrente comune, prima di adire l’autorità giudiziaria, l’assemblea, o anche un singolo condomino, possono chiedere all’amministratore la convocazione dell’assemblea, per far cessare la violazione e revocargli il mandato.
Se l’assemblea non interviene e provvede alla revoca, il singolo condomino, può rivolgersi direttamente all’autorità giudiziaria. Contro tale provvedimento è possibile presentare reclamo in Corte d’Appello entro 10 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione.
Se l’amministratore viene revocato giudizialmente non potrà esser rinominato dall’assemblea.
Prima della riforma del 2012, non c’erano preclusioni per l’esercizio dell’attività di amministratore di condominio. Oggi invece è necessario il possesso di alcuni requisiti di onorabilità e professionalità.
In particolare, possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:
Nel caso in cui amministratore del condominio sia un condomino, quest’ultimo non dovrà necessariamente possedere i requisiti di cui alla lettera f) e alla lettera g).
La legge prevede che, nel caso di perdita dei requisiti di onorabilità di cui alle lettere a), b), c), d), ed e), l’incarico decade essendo possibile, per ogni condomino, convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
Nel caso, invece, di perdita dei requisiti di professionalità di cui alle lettere f) e g) la legge non prevede la possibilità di convocazione dell’assemblea per la nomina di un nuovo amministratore. La giurisprudenza ha chiarito che, il rimedio più efficace che potrà utilizzarsi per far decadere l’amministratore in tali casi, è quello dell’accertamento della nullità della delibera di nomina, per assenza dei requisiti previsti dalla legge.