Si può disdire in anticipo l’affitto seppure la sua naturale scadenza non si è ancora compiuta e magari mancano alcuni anni prima del termine indicato nel contratto? Non di certo può farlo il padrone di casa il quale è tenuto a rispettare la durata stabilita dalla legge; volendo mandare via l’inquilino, egli può solo impedire il rinnovo automatico della locazione dando la disdetta almeno sei mesi prima della scadenza. All’inquilino invece è consentito disdire l’affitto anche prima della scadenza purché ricorrano gravi motivi. I gravi motivi – che devono essere oggettivi e sopravvenuti – devono essere comunicati immediatamente, nel momento stesso in cui sono sorti, altrimenti il diritto decade e anche l’affittuario dovrà attendere la naturale scadenza del contratto. È quanto chiarito dalla Cassazione con una recente sentenza.
I gravi motivi che consentono all’inquilino (e non anche al padrone di casa) di disdire in anticipo l’affitto devono consistere in cause sopravvenute, non dipendenti dalla volontà dell’inquilino medesimo e oggettive. Ad esempio, un trasferimento di lavoro in una località vicina non è considerato un grave motivo perché manca l’elemento della “oggettività”; un trasferimento richiesto dal dipendente per ottenere una promozione non è considerato un grave motivo perché manca l’elemento della indipendenza dalla volontà dell’affittuario; un trasferimento conseguente all’estinzione di un contratto di lavoro perché già nato «a tempo determinato» non è neanch’esso un grave motivo perché manca l’elemento della sopravvenienza del motivo stesso.
Invece, un grave malattia che costringa l’inquilino su una sedia a rotelle, in un palazzo privo di ascensore è un grave motivo; un trasferimento improvviso e a diversi chilometri di distanza è un grave motivo, e così via.
Ma attenzione: nel momento in cui si verifica il grave motivo l’inquilino ha l’obbligo di dare subito comunicazione della disdetta al padrone di casa. Se non lo fa si presume che egli abbia voluto rinunciare a tale diritto e, pertanto, non può “riesumarlo” in un momento successivo, magari quando è scaduto anche il termine per impedire il rinnovo automatico del contratto. Significherebbe che il grave motivo viene utilizzato solo come scusa per disfarsi del contratto.
Un esempio ci chiarirà meglio le idee. Immaginiamo che una persona prenda in affitto un vecchio appartamento. Senonché, una volta dentro, si accorge che l’immobile non è a norma. A suo avviso si tratta certamente di un «fatto grave» che consente la disdetta dell’affitto in quanto estraneo alla volontà del conduttore, imprevedibile e sopravvenuto alla costituzione del contratto. L’impossibilità di adeguare l’immobile locato alle prescrizione di legge costituisce «grave motivo» che legittima il recesso unilaterale del conduttore. Senonché l’affittuario attende più di quattro anni a dare la disdetta. E, quando finalmente la invia, anche a seguito di litigi con il padrone di casa per altre questioni collegate ai riscaldamenti, quest’ultimo non ne vuole sapere: sostiene infatti che se davvero l’immobile non corrispondeva alle esigenze del conduttore questi ne doveva dare immediata comunicazione, con lettera di disdetta. Chi dei due ha ragione? Secondo la Cassazione le ragioni del locatore sono più che evidenti: «quando i gravi motivi sopravvenuti dedotti dal conduttore si sono verificati prima della scadenza del termine per dare l’utile disdetta alla scadenza naturale del contratto e il conduttore non l’abbia data, tale condotta, interpretata secondo il principio di buona fede, va intesa come rinuncia a far valere in futuro l’incidenza di tali motivi sul sinallagma contrattuale, dei quali può altresì presumersi la non gravità, poiché altrimenti sarebbe stato ragionevole utilizzare il mezzo più rapido per la cessazione del rapporto.